PRINCIPI DI DIRITTO D’AUTORE E COPYRIGHT

Il Diritto d’autore

1. Copyright e diritto d’autore sono la stessa cosa?

Copyright e diritto d’autore vengono spesso utilizzati come sinonimi e considerati concetti identici tradotti in lingue diverse. Anche in questo sito web, per ragioni di comodità, utilizzo spesso questi termini senza distinzione. Ma sono realmente la stessa cosa?

Il Copyright è un concetto proprio del diritto anglosassone. Il diritto d’autore (droit d’auteur), invece, rispecchia la visione europea continentale della materia. Il Copyright è incentrato sugli aspetti economici legati allo sfruttamento delle opere dell’ingegno. Diversamente, il diritto d’autore, come suggerisce la parola stessa, si concentra sulla persona. Destinatario della protezione è l’autore dell’opera creativa.

La differenza di fondo sta nelle finalità che porta a riconoscere agli autori dei diritti di esclusiva nelle due tradizioni.

Negli Stati Uniti il Copyright ha come finalità principale quella di incentivare la creazione di opere dell’ingegno. Se le opere creative non fossero protette da dei diritti di esclusiva, sarebbe molto difficile per gli autori essere pagati. Perché infatti acquistare un libro quando posso fotocopiarlo legalmente? Come risultato non ci sarebbero più scrittori di professione e tutta la società soffrirebbe una perdita.

Diversamente, nell’Europa continentale ciò che più importa sono i diritti dell’autore sulle propri opere. L’opera dell’ingegno è considerata espressione della personalità dell’autore e come tale viene protetta.

Quali sono le differenze fra Copyright e diritto d’autore nella pratica?

La distinzione fra Copyright e diritto d’autore non è soltanto teorica. Le differenze di concetto che stanno alla base delle due teorie, comportano anche delle rilevanti conseguenze pratiche.

La più evidente è quella che riguarda i diritti morali degli autori. Poiché nell’Europa continentale l’autore è al centro della protezione, egli gode di diritti morali inalienabili, quali ad esempio il diritto ad essere riconosciuto autore dell’opera (diritto di paternità) ed il diritto di opporsi alle modifiche dell’opera che ledano il suo onore o la sua reputazione (diritto d’integrità dell’opera).

Diversamente, negli Stati Uniti i diritti morali d’autore non sono riconosciuti dal Copyright Act. Soltanto in tempi relativamente recenti, in seguito all’adesione degli Stati Uniti alla Convenzione di Berna per la Protezione delle Opere Letterarie ed Artistiche, i diritti morali sono stati riconosciuti in una norma di legge: il Visual Artists Rights Act del 1990 (VARA).

I diritti morali dell’autore non costituiscono l’unico aspetto caratterizzante l’ordinamento statunitense. Fra le differenze più rilevanti si possono citare: i requisiti della fissazione e della registrazione delle opere; la dottrina del Work for Hire e quella del Fair Use. A ben vedere, ciascuna di queste peculiarità può ricondursi alla differenza di fondo fra Copyright e diritto d’autore.

2. Oggetto del diritto d’autore

Quando si parla di diritto d’autore si tende generalmente ad associarlo al mondo dell’arte. Il diritto d’autore è concepito come qualcosa che riguarda musicisti, scrittori, pittori, fotografi ma che non interessa le società e le normali attività d’impresa. Niente di più sbagliato!

Secondo la definizione di cui all’art. 1 L.d.A., sono oggetto del diritto d’autore le opere dotate di carattere creativo che appartengono alla letteratura, alla musica, alle arti figurative, all’architettura, al teatro ed alla cinematografia. Il secondo comma aggiunge a questo elenco i software e le banche dati. L’art. 2 L.d.A. fornisce un ulteriore elenco, maggiormente approfondito, delle opere comprese nella protezione del diritto d’autore. Fra di esse sono citate le fotografie, le sceneggiature, le opere del disegno industriale dotate di valore artistico etc.

L’elenco fornito dai primi due articoli della L.d.A. non ha però carattere esaustivo. Il Copyright può arrivare a proteggere qualsiasi opera creativa, qualunque sia il modo o la forma di espressione. Ad esempio, può essere protetto dal diritto d’autore un sito web. Allo stesso modo, è protetto sotto molteplici aspetti (la storia, le immagini, il software, i personaggi etc.) un videogame. Oggetto di Copyright può essere il format di un programma televisivo; un progetto; un corso; uno slogan o una campagna pubblicitaria particolarmente originali; un personaggio inventato; il layout di un giornale etc.

Dunque, la protezione offerta dal diritto d’autore non ha limiti, se non quelli dettati dai requisiti esposti di seguito.

Il Copyright non protegge l’idea ma la sua espressione

Uno dei principi fondamentali in materia di Copyright e diritto d’autore è la dicotomia idea / espressione. Il diritto d’autore non protegge le idee ma soltanto il modo in cui vengono espresse.

L’idea di scrivere un libro su un giovane mago, che studia in una scuola di magia e insieme ai suoi amici combatte un misterioso signore oscuro, per quanto originale, non può essere monopolizzata. Ciò che invece è protetto da Copyright è l’espressione che JK Rowling ne ha dato scrivendo Harry Potter. Ciascuno potrà dunque ispirarsi alla medesima idea per scrivere un romanzo. Nessuno potrà invece copiare la storia, i testi ed i personaggi di Harry Potter.

Individuare il confine fra idea ed espressione non è sempre facile. Per violare il Copyright di Harry Potter non è necessario copiare parola per parola quanto scritto dalla Rowling. É sufficiente avvicinarsi alla storia originale in modo che sia evidente che si tratti di una copia.

Ma quando possiamo dire con esattezza che uno scrittore non sta più ispirandosi all’idea ma copiando la sua espressione? Per rispondere a questa domanda è necessario valutare individualmente ogni singolo caso. La giurisprudenza, soprattutto quella statunitense, è ricca di casi scuola in materia di idea vs. expression (su tutti, il celebre caso Baker vs. Selden).  Anche nell’esperienza italiana vi sono importanti decisioni in materia di idea ed espressione. Un recente caso da me commentato, sebbene risoltosi in via stragiudiziale dopo la fase cautelare, vedeva contrapposti il celebre artista Emilio Isgrò e l’ex Pink Floyd Roger Waters (si veda “Roger Waters vs Emilio Isgrò. Il Tribunale di Milano blocca il nuovo disco dell’ex Pink Floyd“).

Quando l’idea diventa espressione

La conseguenza di questo principio è che, affinché un’opera possa essere coperta da Copyright, è necessario che da idea si sia tradotta in espressione. Sino a quando resta nella mente dell’autore, un’idea, per quanto originale, non può essere protetta. Affinché possa incontrare la tutela del diritto d’autore, l’idea deve essere esteriorizzata nel mondo materiale.

Affinché un’idea sia espressa, non è necessario che sia fissata su un supporto materiale durevole. Ad esempio, per poter considerare espressa una musica, è sufficiente che questa venga eseguita o cantata ma non anche registrata.

Ciò costituisce un’ulteriore rilevante distinzione fra la tradizione europea del diritto d’autore e quella statunitense del Copyright. Negli Stati Uniti, infatti, perché un’opera sia protetta da Copyright è necessario che sia stata fissata su un supporto materiale durevole. Le conseguenze di ciò non sono soltanto teoriche. Eseguire un’improvvisazione musicale (si pensi al Jazz, dove ciò avviene normalmente) oppure recitare un discorso senza prima averlo scritto, consente al pubblico di copiare quanto ascoltato. Ovviamente ciò deve essere fatto a memoria, senza registrare alcunché. Infatti, la registrazione di una performance altrui costituisce di per sé una violazione del Copyright (17 USC 1101).

3. I requisiti del diritto d’autore

In base all’art. 1 L.d.A., affinché un’opera possa trovare la protezione del diritto d’autore, è necessario che abbia carattere creativo. Ma che cosa si intende per creatività?

Nei manuali tradizionali di diritto d’autore italiano si è tentato di schematizzare il carattere creativo, definendolo come la somma di due requisiti:

  • l’originalità, intendendosi con essa il risultato di un’attività dell’ingegno umano non banale;
  • a novità, intesa come novità degli elementi essenziali e caratterizzanti, tale da distinguere l’opera da quelle precedenti.

Secondo questa ricostruzione, originalità e creatività sarebbero due concetti distinti, costituendo l’originalità un sottoinsieme del carattere creativo. A mio modesto parere, questa tradizionale schematizzazione dei requisiti del diritto d’autore mal si concilia con i tentativi di armonizzazione fatti dalla Corte di Giustizia Europea.

Inizierò con l’esaminare i requisiti richiesti dalla dottrina e dalla giurisprudenza italiane per poi passare all’interpretazione fornita dalla Corte di Giustizia.

L’originalità ed il carattere creativo

Nella dottrina e nella giurisprudenza italiane, il concetto di originalità e quello di carattere creativo sono piuttosto confusi. In alcuni casi, i termini originalità e creatività vengono utilizzati per esprimere lo stesso concetto. In altri casi, come visto sopra, l’originalità viene considerata un elemento del carattere creativo. Altre volte ancora, il carattere creativo viene considerato un elemento dell’originalità. A mio parere, quest’ultima definizione è quella più corretta. Un’opera è originale quando è creativa, ovvero non banale, e quando non è stata copiata, ovvero quando è stata creata in modo indipendente.

Il livello di creatività (od originalità, che dir si voglia) richiesto affinché un’opera sia protetta da diritto d’autore è molto basso. Secondo la costante interpretazione della nostra Corte di Cassazione, la creatività non può essere esclusa per il solo fatto che l’opera consista in idee e nozioni semplici, già facenti parte del patrimonio intellettuale di persone aventi esperienza nella materia.

La novità

Uno dei concetti fondamentali che ho imparato studiando il Copyright statunitense ed internazionale è che la novità non è un requisito necessario. Mentre un brevetto tutela l’invenzione nei confronti di chiunque raggiunga lo stesso risultato in maniera indipendente, il Copyright tutela le opere soltanto dalle loro copie. Ciò significa che non viola il Copyright un pittore che dipinge un quadro quasi identico a quello di un altro artista senza però averlo mai visto e quindi senza copiarlo. A conferma di ciò, per poter dimostrare la violazione del Copyright negli Stati Uniti, la prima prova da fornire riguarda la possibilità del presunto plagiatore di accedere all’opera plagiata. Diversamente, se la difesa riesce a dimostrare che questi non aveva la possibilità di accedere all’opera, il processo è “bell’e che finito”.

Attenzione, perché per plagiare non è necessaria la consapevolezza della copia. Si può copiare anche senza rendersene conto, ad esempio perché un motivo musicale ci è rimasto nella testa e siamo convinti che sia di nostra creazione. Ne sa qualcosa George Harrison, il cui brano “My Sweet Lord” è stato dichiarato come un plagio inconsapevole del precedente “He’s so Fine” delle Chiffons.

Dottrina e giurisprudenza italiane concordano invece nel ritenere la novità un requisito per la protezione del diritto d’autore, nonostante la legge non ne parli. Tuttavia, analizzando la copiosa giurisprudenza in materia, ci si rende facilmente conto della grandissima confusione presente anche con riferimento a questa nozione. Il concetto di novità viene spesso assimilato e confuso in quello di carattere creativo richiesto dall’art. 1 L.d.A. Ciò costituisce a mio parere un errore. Un’opera può essere creativa senza tuttavia essere nuova. Ciò mi porta a sollevare un dubbio propositivo: non sarebbe meglio parlare di creazione indipendente piuttosto che di novità?

I requisiti del Copyright secondo la Corte di Giustizia

La Corte di Giustizia Europea, nel tentativo di armonizzare l’oggetto del diritto d’autore in tutti i Paesi dell’Unione, ha fornito la propria interpretazione in materia di requisiti del Copyright nella celebre sentenza Infopaq del 2009 (C‑5/08). Successivamente, si è nuovamente pronunciata nelle sentenze BSA del 2010 (C-393/09)Football Association (C-403/08 e C-429/08) e Painer del 2011 (C-145/120) e nella sentenza Dataco del 2012 (C-604/10).

Affinché possa essere protetta da Copyright secondo il diritto europeo, un’opera deve avere il carattere dell’originalità (“originality”).

Affinché possa dirsi originale, un’opera deve:

  • essere una creazione indipendente del suo autore (non copiata da opere precedenti);
  • essere espressione della personalità del suo autore;
  • rappresentare il risultato di scelte libere e creative fatte dall’autore, il quale deve averne conferito il suo tocco personale.

Questa definizione di originalità racchiude a mio parere tutto ciò che è necessario per ottenere la protezione del diritto d’autore e permette di conciliare quanto richiesto dai vari ordinamenti, non soltanto europei.

4. I diritti morali

I diritti morali tutelano la personalità dell’autore dell’autore dell’opera. Per le ragioni viste sopra, i diritti morali sono caratteristici degli ordinamenti che fondano la propria tradizione sul droit d’auteur. Diversamente, sono riconosciuti in maniera solo limitata nei Paesi appartenenti alla tradizione del Copyright, come gli Stati Uniti.

I diritti morali restano in capo all’autore e, a differenza di quelli di utilizzazione economica, non possono essere ceduti. Un contratto che prevedesse la cessione del diritto ad essere riconosciuti autori di un’opera sarebbe nullo (art. 22 L.d.A.).

I diritti morali sono inalienabili, intrasmissibili ed imprescrittibili. La loro violazione può dar luogo ad un risarcimento del danno.

Il diritto di paternità (o di attribuzione)

Il più importante fra i diritti morali d’autore è senza dubbio il diritto di paternità, ovvero il diritto dell’autore a vedersi riconosciuto quale autore dell’opera (art. 20 L.d.A.).

Il diritto di paternità viene violato quando un’opera viene attribuita ad un soggetto diverso rispetto all’autore, consapevolmente o per mero errore.

Ci si chiede se il diritto di paternità arrivi a comprendere la facoltà dell’autore di pretendere l’indicazione del proprio nome sull’opera. Recentemente, la Corte di Cassazione si è pronunciata su questo argomento (Cass. n. 18220 del 5 Luglio 2019). Essa ha chiarito che il diritto di paternità comporta l’obbligo di menzionare il nome dell’autore.

Questo principio non vale però in senso assoluto ma deve essere rapportato al contesto concreto. Bisogna infatti valutare caso per caso quando l’indicazione del nome dell’autore sia possibile o conforme agli usi. Ad esempio, la medesima Cassazione ha escluso la violazione del diritto di attribuzione n un caso in cui veniva usato un brano musicale come sottofondo di un messaggio pubblicitario senza l’indicazione del suo autore. Nel settore pubblicitario, infatti, è contrario agli usi menzionare gli autori delle musiche di sottofondo.

Il diritto all’integrità dell’opera

L’autore ha diritto ad opporsi a qualunque alterazione dell’opera che possa comportare un pregiudizio per il suo onore o la sua reputazione (art. 20 L.d.A.).

Per onore si intende il sentimento che l’autore ha della propria capacità creativa in relazione all’opera. Per reputazione, si intende invece il giudizio dato da altri al valore dell’autore sulla base della valutazione della sua opera.

Si può quindi affermare che non tutte le modificazioni dell’opera comportano una lesione del diritto morale del suo autore. Possono invece essere vietate dall’autore tutte quelle modifiche che alterino il significato ed il messaggio che l’autore ha voluto esprimere con la propria opera.

L’autore che abbia accettato le modifiche della propria opera o che, pur essendone a conoscenza, non si è opposto, non potrà più pretenderne l’eliminazione (art. 22 L.d.A.).

Per le opere dell’architettura è prevista un’eccezione alla regola generale. L’architetto non può opporsi alle modifiche che si rendano necessarie, sia nel corso della realizzazione dell’opera che successivamente. Infatti, poiché un’opera architettonica ha una valenza funzionale ulteriore rispetto a quella meramente artistica, non si può impedire al proprietario di intervenire con delle modifiche funzionali. Tuttavia, quando all’opera è riconosciuto un importante carattere artistico, l’architetto può pretendere che gli vengano attribuiti lo studio e l’attuazione delle modifiche.

Altri diritti morali

In aggiunta ai più importanti diritti di paternità e di integrità, riconosciuti anche a livello internazionale, nell’ordinamento italiano sono considerati diritti morali anche il diritto di rivelazione; il diritto di inedito ed il diritto di pentimento.

Il diritto di rivelazione consiste nel diritto dell’autore di rivelare la paternità dell’opera dopo che questa era stata pubblicata in forma anonima o sotto pseudonimo (art. 21 L.d.A.).

Il diritto di inedito rappresenta il diritto dell’autore di decidere quando e se pubblicare l’opera per la prima volta (art. 24 L.d.A.).

Il diritto di pentimento consente all’autore di ritirare un’opera dal commercio per gravi ragioni morali (art. 142 L.d.A.).

I diritti morali dopo la morte dell’autore

I diritti morali possono essere fatti valere, senza limiti di tempo, dagli eredi dell’autore dopo la sua morte. In realtà, poiché i diritti morali sono personalissimi ed intrasmissibili, gli eredi eserciteranno un loro autonomo diritto a tutelare la personalità dell’autore defunto.

Ovviamente, non tutti i diritti morali si trasmettono agli eredi ma soltanto quelli che non necessitano un apporto personale dell’autore.

5. I diritti di utilizzazione economica

Il Copyright conferisce all’autore una serie di diritti di esclusiva sulle proprie opere, ovvero di facoltà che soltanto lui può esercitare.

In generale, possiamo dire che l’autore ha il diritto esclusivo di pubblicare la propria opera e di sfruttarla economicamente (art. 12 L.d.A.).

I diritti di sfruttamento economico dell’opera sono i seguenti:

  • riproduzione: consiste nel diritto di riprodurre l’opera in copie. La riproduzione copre sia la copia dell’intera opera che di una parte di essa; sia la copia permanente che quella temporanea. La riproduzione può avvenire sia in modo diretto che indiretto, in qualunque modo o forma. Ad esempio, fotografare un quadro comporta una riproduzione che deve essere autorizzata dal suo autore. Costituisce esercizio del diritto di riproduzione anche il diritto di sincronizzazione, ovvero l’abbinamento di una musica od un suono ad un video o sequenza di immagini (art. 13 L.d.A.);
  • trascrizione: trasformare un’opera orale in un’opera scritta, ad esempio trascrivere su spartito una melodia soltanto cantata (art. 14 L.d.A.);
  • esecuzione, rappresentazione o recitazione: consiste nell’eseguire l’opera dinanzi ad un pubblico. Ne costituiscono un esempio l’esecuzione di una musica dal vivo, la recitazione di un’opera teatrale ma anche la proiezione di un film o la diffusione di una registrazione musicale (art. 15 L.d.A.);
  • comunicazione al pubblico: consiste nel comunicare l’opera mediante mezzi di diffusione a distanza. Si distingue dall’esecuzione per il fatto che il pubblico non si trova fisicamente nello stesso posto in cui avviene la diffusione. Comprende la messa a disposizione del pubblico dell’opera in maniera che ciascuno possa avervi accesso dal luogo e nel momento individualmente scelti. La comunicazione al pubblico comprende quindi la trasmissione radiofonica, televisiva ma anche via Internet (art. 16 L.d.A.);
  • distribuzione: consiste nel mettere in commercio o in circolazione, anche a titolo gratuito, l’originale di un’opera o gli esemplari delle sue riproduzioni. Comprende anche gli atti propedeutici alla messa in commercio, come ad esempio la pubblicità. L’autore ha inoltre il diritto esclusivo di introdurre all’interno dell’Unione Europea ai fini della distribuzione, l’opera o le sue riproduzioni realizzate in Stati estracomunitari (art. 17 L.d.A.);
  • traduzione dell’opera in altra lingua;
  • elaborazione, modifica e trasformazione (comprende il diritto di trasformare un’opera letteraria in un film, un’immagine fotografica in un dipinto, una musica in un sampling etc.);
  • pubblicazione dell’opera in una raccolta (art. 18 L.d.A.);
  • noleggio, per un compenso, o prestito, a titolo gratuito, dell’opera (art. 18-bis L.d.A.).

La durata dei diritti di utilizzazione economica

Il principio generale dettato dall’art. 25 L.d.A. è che i diritti di utilizzazione economica durano sino a 70 anni dopo la morte dell’autore. Il calcolo si fa a decorrere dal primo Gennaio dell’anno successivo alla morte. Nel caso in cui gli autori siano più di uno, i 70 anni decorrono dalla morte dell’ultimo autore.

A questa regola generale se ne aggiungono altre specifiche per le opere collettive, per le opere anonime o pseudonime e per i diritti connessi al diritto d’autore. Per un approfondimento di tutte le regole in materia di durata del diritto d’autore vi invito a leggere l’articolo “La durata dei diritti d’autore e dei diritti connessi“.

A livello internazionale, la Convenzione di Berna e gli accordi TRIPS impongono agli Stati aderenti di riconoscere almeno una protezione non inferiore ai 50 anni dalla morte dell’autore. In Europa, il termine di 70 anni è stato uniformato in tutti gli Stati membri con la Direttiva 93/98/EEC.

Anche negli Stati Uniti, dove la durata del diritto d’autore era tradizionalmente più corta, il termine è stato elevato a 70 anni dal  Copyright Term Extection Act del 1998. I più maliziosi definiscono questa legge come Mickey Mouse Protection Act, alludendo al fatto che l’estensione sia avvenuta a poco tempo dalla scadenza del Copyright del personaggio Topolino.

Il Copyright Term Extencion Act (anche conosciuto come Sonny Bono Act) è stato un atto fortemente contestato, in quanto contrario ai principi ispiratori del Copyright statunitense. Uno dei più accesi contestatori dell’estensione della durata del Copyright è stato il celebre Avvocato e studioso del diritto d’autore Lawrence Lessig, nonché padre delle Creative Commons. Del resto, una durata così elevata del diritto d’autore mal si concilia con i principi ispiratori del Copyright statunitense. Ricordando quanto detto sopra, fine del Copyright è quello di creare un incentivo alla creatività nell’interesse della società intera e non del singolo autore. Il libero utilizzo delle opere per la collettività viene limitato per incentivarne la creazione. Se questi sono i presupposti, vi è davvero bisogno di una durata così lunga di protezione? Gli scrittori scriverebbero forse meno libri se i loro eredi non ricevessero compensi fino 70 anni dalla loro morte?

Il principio dell’esaurimento nel diritto d’autore

Principio fondamentale in materia di proprietà intellettuale ed in particolare di diritto d’autore è quello dell’esaurimento. In base a tale principio, il diritto esclusivo di distribuzione dell’autore o dei suoi aventi causa si esaurisce dopo la prima messa in commercio legittima dell’opera o delle sue riproduzioni. Questo principio è quello che permette a chi acquista un libro di rivenderlo senza dover chiedere il permesso all’autore o all’editore. Infatti, dopo la prima vendita, il diritto esclusivo di distribuzione su quella copia del libro si esaurisce.

Il principio dell’esaurimento può operare a livello internazionale, nazionale o territoriale. Nel primo caso, il diritto si esaurisce in tutto il mondo, ovunque sia avvenuta la prima messa in commercio. Nel secondo caso, il diritto si esaurisce soltanto per le cessioni successive dell’opera che avvengono nel medesimo Paese in ci è avvenuta la messa in commercio. Il terzo caso è quello applicabile nell’Unione Europea: il diritto di distribuzione si esaurisce all’interno di tutti i Paesi dell’Unione Europea in seguito alla prima messa in commercio legittima dell’opera o di un suo esemplare all’interno dell’Unione. Ciò significa che la vendita di un libro avvenuta per la prima volta in uno Stato extracomunitario, non ne autorizza l’importazione e la messa in commercio all’interno dell’Unione Europea. Per questo sarà nuovamente necessario il consenso dell’autore.

6. I diritti connessi al diritto d’autore

La legge sul diritto d’autore disciplina non soltanto i diritti d’autore in senso stretto ma anche i c.d. diritti connessi. Si tratta di quei diritti che non appartengono all’autore, bensì a soggetti che hanno ricoperto un ruolo rilevante nella creazione e/o nella fruizione dell’opera.

I diritti connessi vengono classificati in base ai soggetti che ne sono titolari. Si tratta, in particolare di:

  • produttori di fonogrammi;
  • produttori di opere cinematografiche o audiovisive;
  • emittenti radiofonici e televisivi;
  • artisti interpreti ed esecutori.

Vengono considerati diritti connessi anche quelli relativi alle fotografie semplici. Tutte quelle fotografie che non raggiungono un livello di creatività tale da essere considerate opere fotografiche coperte da diritto d’autore, acquistano infatti la più limitata protezione riservata alle fotografie semplici. Per questo tipo di fotografie si parla quindi di diritti connessi e non di vero e proprio diritto d’autore.

La definizione di diritti connessi vista sopra non calza perfettamente ai diritti sulle fotografie semplici. Infatti, essi appartengono agli autori delle fotografie e non a soggetti che hanno contribuito alla creazione e/o fruizione delle foto. Si tratta pertanto di diritti sui generis, di portata più limitata rispetto a quelli riservati agli autori di opere creative.

7. Opere collettive, composte, in comunione e derivate

É necessario innanzitutto distinguere le opere collettive da quelle composte. Le prime sono un insieme di singole opere distinte ed autonome fra loro (es. una rivista). Le seconde sono invece il risultato di un insieme di parti che, seppur realizzate da diversi autori e suscettibili di essere fruite separatamente, compongono un tutt’uno organico (es. un film).

Un’altra cosa ancora sono le opere in comunione, le quali sono opere realizzate con il contributo indistinguibile ed inscindibile di più persone.

Infine, vi sono le opere derivate, ovvero le elaborazioni originali di opere altrui.

Vediamo queste singole categorie più nel dettaglio.

Le opere collettive

Sono opere collettive quelle che riuniscono opere o parti di opere autonome (art. 3 L.d.a.).

Un tipico esempio di opera collettiva è l’enciclopedia. Essa è formata da singole ed autonome opere creative (gli articoli dedicati a ciascuna voce), riconducibili ad autori diversi. Considerata nel suo insieme, l’enciclopedia diventa essa stessa un’opera creativa, meritevole di protezione in sé ed a prescindere dalle singole opere di cui è composta. Il carattere creativo che la eleva ad opera dell’ingegno si trova nel lavoro di selezione, coordinazione e disposizione delle singole opere che la compongono.

Altri esempi tipici di opere collettive sono i giornali, le riviste, i blog, i telegiornali, le opere multimediali etc.

Nelle opere collettive sono portatori di diritti: i singoli autori, per ciò che attiene alle loro opere; il soggetto che organizza e dirige (art. 7 L.d.a.), per ciò che attiene l’opera collettiva nel suo complesso; l’editore, a cui spettano i diritti di sfruttamento economico sull’opera collettiva (art. 38 L.d.a.).

Le opere composte e quelle in comunione

Sono opere composte quelle in cui le singole parti sono riconducibili ad autori diversi e sono fruibili in maniera indipendente ma che nel loro insieme compongono un effetto unitario.

Le opere cinematografiche, ad esempio, sono composte dall’apporto dell’opera dello sceneggiatore, del regista, del direttore della musica e della fotografia, del costumista etc. Ciascun apporto è di per sé autonomo ma viene ricondotto ad unità nell’opera filmica. La legge italiana sul diritto d’autore non riconosce un solo autore dell’opera cinematografica ma più coautori: l’autore del soggetto, l’autore della sceneggiatura, l’autore della musica ed il direttore artistico (art. 44 L.d.a.).

Ulteriori esempi di opere composte sono i videogiochi, oppure le canzoni fatte di musica e parole.

Diverse dalle opere composte sono le opere in comunione. Esse si distinguono per il fatto che il contributo dei coautori è inscindibile ed indistinguibile. Ad esempio, un brano composto assieme dai membri di una band è un’opera in comunione. Un libro scritto a 4 mani è un’opera in comunione, mentre è un’opera composta un libro in cui più autori si spartiscono argomenti e capitoli da scrivere individualmente.

Le opere derivate

L’opera derivata è un’elaborazione di un’opera originale, dotata essa stessa di carattere creativo.

Sono opere derivate:

  • le traduzioni in altra lingua;
  • le trasformazioni in un’altra forma letteraria od artistica (es. la trasposizione di un libro in un film o di una poesia in una canzone);
  • le modificazioni ed aggiunte che costituiscono un rifacimento sostanziale dell’opera originale (es. la rielaborazione di un’opera d’arte altrui per esprimere un diverso ed originale messaggio artistico);
  • gli adattamenti, le riduzioni, i compendi, le variazioni non costituenti opera originale.

Le opere derivate godono anch’esse della tutela del diritto d’autore, quando sono di per sé originali. Ciò non toglie che, per essere lecite, le opere derivate devono essere realizzate con il consenso dell’autore dell’opera originale.

Non sono considerate opere derivate ma opere autonome quelle che si limitano a trarre ispirazione da un’opera altrui. Esse sono infatti considerate delle opere originali e non necessitano dell’autorizzazione dell’autore fonte dell’ispirazione. Ciò costituisce una conseguenza pratica del principio in base al quale il diritto d’autore tutela non le idee ma solo le loro espressioni.