Il copyright su internet: responsabilità dei provider

il copyright su internet
Massimo Bacci

Scritto da Massimo Bacci

Avvocato esperto in materia di proprietà intellettuale, diritto delle nuove tecnologie e protezione dei dati.

1 Aprile 2018

Il copyright su internet e la responsabilità delle piattaforme di videosharing

Il Copyright su internet e la sua tutela passano necessariamente dalla responsabilità degli intermediari della rete: i cosiddetti provider. Fra di essi si possono distinguere le seguenti tipologie:

  • Internet Service Provider, che fornisce l’accesso ad Internet (Access Provider) ed ulteriori servizi, quali la posta elettronica, la registrazione di nomi a dominio etc.
  • Content Provider, che offre al pubblico propri contenuti, quali notizie, informazioni, ricette, formulari etc.
  • Hosting Provider, che mette a disposizione i propri server per ospitare siti internet o contenuti caricati dagli utenti.

Senza dubbio, commette un illecito l’utente che carica un contenuto protetto da copyright su internet. Ciononostante, per i titolari dei diritti d’autore risulta spesso difficile e non conveniente perseguire i singoli utenti. Per tale ragione, sempre più spesso tentano di far accertare la responsabilità delle piattaforme che permettono agli utenti di caricare contenuti, quali YouTube, Vimeo etc.

Negli ultimi anni, le sentenze in materia di responsabilità dei provider sono state molte. Una delle più recenti è la n. 342 emanata dal Tribunale di Torino il 24 Gennaio 2018.  Ho avuto il piacere di redigere personalmente la massima di questa sentenza per il sito Giurisprudenza delle imprese. Per approfondire potete trovarla assieme alla sentenza integrale al seguente link.

Delta TV vs Dailymotion

Il Tribunale di Torino si è trovato a dover decidere la controversia sorta fra Delta TV, società titolare dei diritti d’autore su numerose telenovelas come Pasion Morena, 099 Central, La Forza del Desiderio, Cielo Rojo, Pagine di Vita, Terra Nostra etc., e la piattaforma di videosharing Dailymotion. Delta TV contestava a Dailymotion di non aver cancellato dalla propria piattaforma alcuni episodi delle suddette serie televisive illecitamente caricati dagli utenti. Oltre alla rimozione, Delta TV chiedeva un risarcimento di quasi 1 milione di euro.

Nel respingere la domanda di Delta TV, il Tribunale di Torino ha fatto il punto sulla responsabilità delle piattaforme di videosharing.

Assenza dell’obbligo di un controllo preventivo da parte del Provider

In base all’art. 16 del Codice del Commercio Elettronico, l’Hosting Provider non è responsabile per i contenuti caricati dagli utenti a condizione che:

  • non sia a conoscenza dell’illiceità del contenuto;
  • non appena venga messo a conoscenza di ciò da parte delle autorità competenti si attivi immediatamente per rimuovere i contenuti illeciti o disabilitarne l’accesso.

Dunque, la piattaforma di videosharing non ha l’obbligo di verificare preventivamente la titolarità dei diritti d’autore posseduti dai soggetti che caricano video su internet.

L’intermediario diviene responsabile soltanto quando sia stato informato dell’illiceità dei contenuti caricati e non si sia attivato per rimuoverli.

La necessità di una diffida specifica contenente gli url

Affinché scatti l’obbligo di controllo da parte dell’Hosting Provider, il titolare dei diritti d’autore dovrà inviargli una segnalazione. Con essa, dovrà individuare i contenuti illeciti ed intimargli di rimuoverli. Secondo il Tribunale di Torino non è sufficiente una diffida generica contenente i titoli delle opere. Il titolare dovrà fornire al Provider anche gli indirizzi url presso cui si trovano i video illecitamente caricati. Diversamente, lo stesso non sarà tenuto a cercarli.

L’obbligo di sorveglianza successivo

Una volta che il titolare avrà segnalato gli url dei video contestati, il Provider non solo dovrà rimuoverli ma dovrà altresì effettuare un controllo successivo. Dovrà dunque impedire che gli stessi video vengano nuovamente caricati.

Ciò in quanto l’art. 16 D.lgs. 70/2003 esclude la responsabilità del prestatore del servizio soltanto a condizione che non sia effettivamente a conoscenza dell’attività illecita. Secondo il Tribunale di Torino, il difetto di conoscenza non può più negarsi dal momento in cui il titolare del diritto d’autore ha segnalato la violazione e l’utente che ha caricato il video non si è opposto.

In sostanza, l’intermediario ha l’obbligo di cooperare con il titolare dei diritti d’autore violati al fine di interrompere effettivamente l’illecito denunciato ed evitare la sua perpetuazione.

Provider attivo e passivo

In materia di responsabilità degli intermediari, la giurisprudenza ha spesso operato una distinzione fra Provider attivo e passivo. Mentre il Provider passivo si limita a fornire un servizio di memorizzazione, quello attivo svolge un ruolo nella trasmissione e selezione dei contenuti [1]. Alla luce di questa distinzione, soltanto il Provider passivo potrebbe giovarsi dell’esclusione di responsabilità di cui all’art. 16 D.Lgs. 70/03.

Secondo il Tribunale di Torino, l’intermediario non acquista il ruolo di Provider attivo per il solo fatto di attuare operazioni volte alla migliore fruibilità della piattaforma. Non sarebbe dunque sufficiente indicizzare i contenuti, fornire suggerimenti di ricerca, inserire pubblicità mirate etc. Tali accorgimenti sarebbero volti ad un migliore sfruttamento economico della piattaforma ma non rappresenterebbero un’ingerenza nella creazione dei contenuti. L’intermediario acquisterebbe il ruolo di Provider attivo soltanto in caso di manipolazione o trasformazione dei contenuti trasmessi o memorizzati. Solo in questa ipotesi la piattaforma diverrebbe direttamente responsabile degli illeciti. Banner diritto d'autore

Il copyright su internet nel caso The Pirate Bay: possibile contrasto?

La decisione del Tribunale di Torino non sembra in linea con quanto recentemente affermato dalla Corte di Giustizia Europea nel celebre caso The Pirate Bay [2]. Secondo la Corte, l’intermediario che non si limita a mettere a disposizione una mera piattaforma di condivisione ma che si adopera per l’indicizzazione dei contenuti e fornisce agli utenti un motore di ricerca pone in essere una comunicazione al pubblico.

In sostanza, la Corte di Giustizia assimila la piattaforma di condivisione The Pirate Bay a ciò che la nostra giurisprudenza considera un Provider attivo. Ciò per il solo fatto di agevolare l’attività illecita degli utenti mediante l’indicizzazione o la fornitura di altri servizi. Così facendo, la piattaforma si renderebbe direttamente responsabile della violazione dei diritti d’autore.


Per approfondire si veda “Corte di Giustizia: The Pirate Bay compie attività di comunicazione al pubblico“.


La proposta di riforma europea del copyright su internet

La nuova proposta europea di riforma del diritto d’autore è destinata a modificare profondamente il copyright su Internet. Oggi i Provider non hanno l’obbligo di controllare preventivamente i contenuti caricati dagli utenti. Ciò potrebbe invece cambiare se la proposta di riforma venisse approvata. Sulla base del suo art. 13, le piattaforme avranno l’obbligo di monitorare preventivamente i contenuti e di filtrare quelli in violazione del diritto d’autore. In assenza di tale controllo preventivo, le piattaforme diverrebbero direttamente responsabili.

La proposta è stata fortemente criticata da alcuni esponenti del Parlamento Europeo, in particolare dal Pirate Party. L’introduzione di queste misure rischierebbe infatti di introdurre forme di censura, di limitare fortemente la presenza di contenuti perfettamente leciti, ad esempio quelli legittimati dal Fair Use, nonché di consegnare definitivamente Internet ai colossi americani. Questi sarebbero infatti gli unici a potersi permettere misure tecniche adeguate e l’assunzione delle responsabilità derivanti dalle potenziali violazioni.

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Per un approfondimento sulle critiche alla proposta di riforma del copyright si veda il sito web di Julia Reda, esponente del partito pirata al Parlamento Europeo: EU Copyright Reform.

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[1] Caso RTI / Break Media, Trib. Roma 27/04/2016, n. 8437.
[2] CJUE, 14 giugno 2017, C-610/15 Stichting Brein v Ziggo, XS4ALL.

 

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