Intestare il Marchio ad una Persona Conviene Davvero?

Intestare il marchio ad una persona
Massimo Bacci

Scritto da Massimo Bacci

Avvocato esperto in materia di proprietà intellettuale, diritto delle nuove tecnologie e protezione dei dati.

27 Novembre 2022

Intestare il marchio aziendale ad una persona fisica non è sempre una buona idea

Negli ultimi anni, mi capita spesso che i clienti chiedano di registrare il marchio della loro società a nome personale. Il piano è questo: si registra il marchio a nome proprio e poi lo si concede in licenza d’uso alla società, facendosi pagare delle royalties.

Questa prassi viene talvolta consigliata dai commercialisti, perché consente di ottenere vantaggi fiscali non indifferenti. Infatti, le royalties per la licenza del marchio vengono tassate come reddito diverso dalle prestazioni d’opera o di servizi e non richiedono il pagamento di contributi previdenziali.

A questo punto, attirati dalla possibilità di risparmio, i clienti vengono da me per la registrazione e mi chiedono: Avvocato, ma si può fare?

La mia risposta è quasi sempre la stessa: sì, tecnicamente si può fare, ma sei proprio sicuro che sia una buona idea?

Vediamo perché non sempre è così.

Un esempio concreto: la Pinco Pallo S.r.l.

Per spiegare i rischi a cui si può andare incontro intestando il marchio ad una persona fisica, utilizzerò come esempio la società Pinco Pallo S.r.l. e i suoi tre soci Marco, Massimo e Giovanni. Ovviamente sono inventati di sana pianta, ma credo rispecchino una buona fetta delle PMI italiane.

La Pinco Pallo è una piccola media impresa che opera nel settore tessile ed è sul mercato da circa 30 anni. Gli attuali soci hanno ereditato le quote dai genitori: Massimo e Giovanni sono fratelli e possiedono ciascuno il 24% della società; Marco è loro cugino ed è il socio di maggioranza, con una quota del 52%. Marco è anche amministratore unico della società, della quale si è preso cura negli ultimi 10 anni.

Il marchio Pinco Pallo non è mai stato registrato, tuttavia è utilizzato dalla società sin dalla fondazione per distinguere i suoi tessuti. Si tratta quindi di un marchio di fatto.

Oltre alla denominazione sociale ed al marchio di fatto, la società utilizza Pinco Pallo sulle insegne dei suoi stabilimenti e sul proprio sito web, con nome a dominio www.pincopallo.com.

Dopo 30 anni dalla fondazione e dopo che la società ha acquisito una certa notorietà nella propria nicchia di mercato, Marco decide finalmente di registrare il marchio Pinco Pallo. Invece che intestarlo alla società, lo registra a nome proprio, per poi cederlo in licenza d’uso alla Pinco Pallo S.r.l. in cambio del pagamento di royalties, sulle quali godrà di una tassazione agevolata.

Iniziate a capire cosa si può contestare a Marco? Eccovi altri indizi…

Il marchio d’impresa è un asset societario, anche se non è ancora registrato

Il marchio come asset non nasce con la registrazione ma con l’uso. Un marchio, anche se non registrato, gode già della protezione come marchio di fatto in base agli artt. 2571 c.c. e 12 c.p.i. Esso ha inoltre un valore, che può essere iscritto a bilancio come immobilizzazione materiale e che non è legato esclusivamente alla registrazione.

L’art. 12 c.p.i. consente al titolare di un marchio di fatto o di un altro segno distintivo (denominazione sociale, insegna o nome a dominio), quando questo abbia acquisito notorietà non puramente locale, di opporsi alla registrazione di un marchio uguale o simile, idoneo a creare confusione per il pubblico.

Il conflitto di interessi degli amministratori

Marco, che in qualità di amministratore dovrebbe perseguire il bene della società, registrando il marchio Pinco Pallo a nome proprio sta compiendo un atto in evidente conflitto di interessi.

Egli, nell’interesse della società, avrebbe il compito di opporsi alla registrazione di un marchio identico o simile a Pinco Pallo da parte di un concorrente. Invece, in questo caso è lui stesso a registrarlo, procurando così un danno alla società. Infatti, oltre alla sottrazione del valore intrinseco del marchio di fatto, Marco sta costringendo la Pinco Pallo a pagare un prezzo per la licenza di qualcosa che è già suo.

È evidente che il comportamento di Marco non rispecchia quello descritto nel manuale del buon amministratore.

Visto che abbiamo difficoltà nel comprendere l’importanza degli asset immateriali, facciamo un paragone con qualcosa di più famigliare. Ascoltereste il vostro commercialista si vi consigliasse di trasferirvi a costo zero il magazzino della vostra società, per poi affittarlo a quest’ultima e farle pagare dei canoni? Ebbene, quello che Marco ha fatto con il marchio Pinco Pallo è la stessa cosa, con l’unica differenza che probabilmente il valore del marchio non era ancora stato quantificato ed iscritto a bilancio.

La responsabilità civile degli amministratori verso la società, i soci e i creditori

In base all’art. 2476 c.c., l’amministratore che crea un danno alla società ne risponde personalmente verso la società stessa, i soci ed i creditori.

Massimo e Giovanni, in qualità di soci di minoranza, potrebbero svolgere un’azione di responsabilità verso Marco e chiedere un risarcimento del danno a nome della società, quantificandolo nel valore del marchio e delle royalties percepite da Marco.

Se le cose per la Pinco Pallo dovessero iniziare ad andar male, e questa divenisse insolvente verso i suoi creditori, anche questi ultimi potrebbero intentare causa verso Marco, contestandogli una mancata conservazione del patrimonio sociale.

Infine, nel caso in cui la società fallisse, l’azione di responsabilità verso l’amministratore infedele potrebbe, o meglio, dovrebbe essere svolta dal Curatore fallimentare.

Le responsabilità del socio di una S.r.l.

Inutile dire che intestare il marchio ad un proprio familiare non cambierebbe in alcun modo la situazione dell’amministratore infedele. Ma se invece ad intestarsi il marchio fosse un socio anziché un amministratore?

Anche in questo caso le responsabilità personali restano. Se il socio è in realtà l’amministratore di fatto della società, va incontro alle stesse responsabilità degli amministratori in carica. In ogni caso, sono personalmente responsabili i soci delle società a responsabilità limitata che decidono o autorizzano intenzionalmente atti pregiudizievoli alla società (art. 2476, comma 7 c.c.). Intestare un marchio della società a nome di un socio potrebbe in determinati casi rientrare in questa fattispecie.

Il rischio di bancarotta fraudolenta

In caso di fallimento della società, le responsabilità dell’amministratore che si sia intestato personalmente il marchio potrebbero avere anche rilevanza penale.

Nel caso descritto precedentemente, Marco rischierebbe un’imputazione per il delitto di bancarotta fraudolenta per distrazione.

L’art. 216 l.f. prevede la reclusione da tre a dieci anni per l’amministratore della società fallita che abbia distratto, occultato, dissimulato, distrutto o dissipato, in tutto o in parte i beni della società. Il marchio, anche di fatto, può considerarsi un bene della società e, senza alcun dubbio, lo sono i soldi che vengono pagati a titolo di royalties per il suo utilizzo.

Ci sono dei casi in cui si può intestare il marchio alla persona fisica senza correre rischi?

La risposta è sì. Ciascuna situazione deve essere valutata individualmente e vi sono casi in cui intestare il marchio in capo alla persona fisica anziché alla società è perfettamente lecito. Facciamo quindi un altro esempio, anche questo completamente inventato.

Immaginiamo che Maria abbia iniziato la propria attività come imprenditrice individuale ed abbia ideato personalmente un marchio oppure ne abbia commissionato la realizzazione a proprie spese. Successivamente, Maria decide di portare avanti l’attività con l’amico Pietro e fonda con lui una Start Up sotto forma di s.r.l. Anziché conferire il marchio nella società, Maria può decidere di registralo a nome proprio e di concederlo in licenza d’uso.

In questo caso, la condotta di Maria non rappresenta una distrazione del patrimonio della neocostituita società ed è quindi perfettamente lecita. Il marchio è sempre stato di Maria, che può quindi decidere di trasferirlo alla società sotto forma di conferimento oppure di mantenerne la disponibilità e concederlo solo in licenza d’uso.

In questo caso, le valutazioni che Maria dovrà fare hanno carattere più commerciale che giuridico. Infatti, una società che non è titolare del proprio marchio non rappresenta certo una calamita per gli investitori.

Conclusioni

Ho deciso di scrivere questo articolo dopo aver visto video, letto innumerevoli articoli e post che descrivono questa prassi come un modo semplice per risparmiare, senza però esporne i rischi.

Il mio intento non è quello di spaventarvi o dissuadervi dalle vostre ambizioni di risparmio, tantomeno quello di fornire giudizi morali. Piuttosto, ho voluto esporvi le problematiche ed i rischi di questa pratica, in modo che possiate bilanciare pro e contro e prendere una decisione un po’ più consapevole.

Non è tutto oro quello che luccica!

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