La vendita di opere d’arte: aspetti contrattuali

vendita opere d'arte
Massimo Bacci

Scritto da Massimo Bacci

Avvocato esperto in materia di proprietà intellettuale, diritto delle nuove tecnologie e protezione dei dati.

9 Dicembre 2018

La vendita di opere d’arte

Il contratto di vendita di opere d’arte porta con sé alcune problematiche legate alla natura del bene compravenduto. Le opere d’arte nascono nel mondo delle idee come mere opere dell’ingegno. Affinché possano trovare tutela da parte del diritto d’autore,  esse non possono però restare nel mondo delle idee: devono tradursi in espressioni materiali.

Ciò non significa che un’opera d’arte debba necessariamente avere un corpo fisico ben definito, come un quadro. Si pensi infatti all’arte concettuale, dove l’idea espressa è ben più importante del risultato estetico e percettivo dell’opera stessa. Ancora, si pensi alla performance art, dove l’opera consiste nell’azione di uno o più individui. Si pensi infine alle installazioni, ovvero quelle opere tridimensionali consistenti in più forme espressive installate in un ambiente determinato.

A differenza dei Paesi anglosassoni, nell’Europa continentale non è necessario che un’opera sia incorporata in un supporto tangibile per ottenere la protezione del diritto d’autore. Unico requisito è che l’idea non sia rimasta tale ma sia stata espressa in una qualsiasi forma.

Individuare le regole che disciplinano la compravendita di questo tipo di arte è tutt’altro che semplice. Se l’opera non è incorporata in un supporto tangibile, può comunque essere veduta? E se sì, cos’è realmente oggetto della vendita?

La vendita di opere d’arte segue regole particolari anche quando si tratta più semplicemente di un quadro, di una scultura o di un’opera fotografica. Infatti, la cessione della proprietà del supporto materiale non significa trasferimento dei diritti d’autore. Per comprendere meglio questi concetti occorre distinguere il corpus mysticum dal corpus mechanicum di un’opera dell’ingegno.

Corpus mysticum e corpus mechanicum

Il corpus mysticum è l’opera considerata come bene immateriale. Il corpus mechanicum consiste invece nell’esemplare o negli esemplari in cui l’opera è stata fissata e/o riprodotta.

Ad esempio, un libro è un’opera dell’ingegno inscindibilmente legata al suo autore. Il libro è di chi lo ha scritto, non di chi lo acquista. Esso viene poi riprodotto in numerosi esemplari, i quali rappresentano il suo corpus mechanicum. Chi acquista una copia del libro diviene proprietario del corpus mechanicum ma non del corpus mysticum. Quest’ultimo resta inscindibilmente legato all’autore, il quale può semmai trasferire ad un editore i soli diritti patrimoniali.

Lo stesso avviene con un quadro o una scultura. Chi acquista un esemplare originale di un quadro diviene proprietario soltanto del corpus mechanicum. I diritti d’autore legati all’opera d’arte rimangono invece in capo all’artista, a meno che non vengano espressamente ceduti con un contratto.

I diritti ceduti con la vendita di opere d’arte

Questo quadro è mio, l’ho comprato e ci faccio quello che mi pare!“.

Niente di più sbagliato nella vendita di opere d’arte. Chi acquista un quadro o una scultura acquista soltanto la proprietà del corpus mechanicum ed una serie molto limitata di diritti sull’opera. Ad esempio, si presume che l’acquirente di un quadro acquisti anche il diritto di appenderlo nella propria abitazione. Diversamente, il proprietario non potrà esporre il quadro al pubblico senza ottenere l’autorizzazione dell’autore, dei suoi eredi o del diverso titolare dei diritti di sfruttamento economico (ad esempio una fondazione). Il proprietario non potrà noleggiare il quadro o darlo in prestito, né potrà autorizzarne la riproduzione. Non potrà autorizzare la ripresa del quadro in filmati, documentari o semplici fotografie. Non potrà assolutamente distruggere l’opera o modificarla, in quanto trattasi di diritti morali inalienabili dell’autore.

In sintesi, tutti i diritti d’autore sull’opera restano in capo all’artista sino a che lo stesso è in vita. Dopo la sua morte si trasmettono agli eredi, ai quali permangono per altri 70 anni. Essi non vengono ceduti con la vendita dell’esemplare dell’opera d’arte, a meno che le parti non si accordino diversamente mediante un contratto. Alcuni di questi diritti (i c.d. diritti morali) non possono essere trasferiti neppure con l’accordo delle parti. Ad esempio: il diritto ad essere riconosciuto autore dell’opera (diritto di paternità) ed il diritto ad opporsi a modifiche dell’opera lesive dell’onore o della reputazione dell’artista.

Il diritto di seguito

Chi acquista un’opera d’arte può almeno disporne liberamente e rivenderla a terzi? La risposta è sì, ma anche in questo caso il rivenditore incontra un limite, dato dal c.d. diritto di seguito.

Il diritto di seguito è il diritto dell’autore di opere delle arti figurative e manoscritti a percepire una percentuale sul prezzo di rivendita degli originali delle proprie opere in occasione delle vendite successive alla prima.

Il diritto di seguito è stato introdotto in Europa con la Direttiva 2001/84/CE per tutelare gli autori di arte figurativa. Essi sono infatti penalizzati rispetto ad artisti che operano nel mondo della musica o del cinema. Questi ultimi continuano a godere dei proventi del diritto d’autore ad ogni successivo sfruttamento delle loro opere. Diversamente, i pittori o gli scultori difficilmente godono di introiti ulteriori rispetto al prezzo della prima vendita delle loro opere.

Inoltre, è comune che un artista alle prime armi venda una propria opera per pochi spiccioli. Nel caso in cui egli acquisti notorietà, non è infrequente che quella stessa opera aumenti di valore e possa arrivare a costare migliaia, centinaia o anche milioni di euro. Il diritto di seguito serve a far sì che anche l’artista o i suoi eredi possano godere di questo aumento di valore.

Quando si applica il diritto di seguito

Il diritto di seguito si applica alle vendite che hanno per oggetto gli originali delle opere delle arti figurative. Ad esempio: i quadri, i collages, i dipinti, i disegni, le incisioni, le stampe, le litografie, le sculture, gli arazzi, le ceramiche, le opere in vetro, le fotografie e gli originali dei manoscritti. Sono considerate originali le copie delle opere prodotte dall’artista in numero limitato, purché numerate, firmate o altrimenti autorizzate dall’autore.

Affinché sussista il diritto di seguito devono coesistere i seguenti requisiti:

  • deve trattarsi di vendite successive alla prima effettuata direttamente dall’autore;
  • vi deve essere l’intervento di un professionista del mercato dell’arte (galleria, casa d’asta o commerciante d’arte) quale venditore, acquirente o intermediario;
  • la vendita deve essere effettuata oltre i tre anni dalla prima cessione da parte dell’autore;
  • il prezzo di vendita deve essere pari o superiore ad € 3.000.

Quando la rivendita avviene entro tre anni dalla prima, il diritto di seguito è dovuto solo se il prezzo supera € 10.000 oppure quando la prima vendita è stata effettuata non dall’artista ma da un suo erede.

Il pagamento del diritto di seguito

Il diritto di seguito deve essere pagato dal venditore, a meno che le parti non si accordino contrattualmente per porlo a carico del compratore. In ogni caso, a dover versare il diritto di seguito è il professionista del mercato dell’arte. Pertanto, nel caso in cui la galleria d’arte acquisti da un privato, dovrà trattenere dal prezzo il diritto di seguito.

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Il diritto di seguito deve essere versato in favore di SIAE entro 90 giorni dalla compravendita. Il suo ammontare consiste in una percentuale calcolata sul prezzo di rivendita al netto dell’IVA. La percentuale dovuta decresce in funzione dell’aumento di valore. Ad oggi, si va da un massimo del 4% per vendite con valore inferiore a € 50.000, fino ad un minimo dello 0,25% per prezzi superiori a mezzo milione di euro. In ogni caso, l’importo del diritto di seguito non può essere superiore ad € 12.500.

SIAE fornisce un calcolatore automatico per la quantificazione del diritto di seguito al seguente link: www.siae.it/it/content/calcola_compenso

L’utilità di un contratto di vendita di opere d’arte

La vendita di opere d’arte viene spesso perfezionata senza ricorrere ad un contratto scritto. L’assenza di un contratto lascia però spazio a molte incertezze ed a ragioni di conflitto.

Ad esempio, abbiamo detto che la vendita di un’opera d’arte non comporta il diritto per l’acquirente di esporla al pubblico. A tal riguardo, come viene considerata l’organizzazione di una festa privata in casa? Se si tratta di una piccola festa con pochi amici o parenti possiamo probabilmente prescindere dall’autorizzazione dell’artista. Ma se si tratta di un matrimonio con 200 invitati? In questo caso si può ritenere che vi sia un pubblico sufficiente a configurare una esposizione pubblica dell’opera. Di conseguenza, il padrone di casa sarà obbligato a rimuovere il quadro o ad ottenere il permesso dell’artista. Disciplinare queste ipotesi all’interno di un contratto scritto è utile a risolvere gli aspetti non chiari ed a ridurre il rischio di controversie.

In altri casi, il proprietario e/o l’artista potrebbero avere interesse ad esporre l’opera in occasione di una mostra. In mancanza di un contratto che disciplini questa eventualità, il proprietario dell’opera non potrà farlo senza l’autorizzazione dell’artista, né quest’ultimo potrà farlo senza l’autorizzazione del proprietario.

Infine, l’artista stesso potrebbe aver interesse a mantenere sull’opera un diritto di accesso, ad esempio per effettuarne una copia. Anche in questo caso, disciplinare questa eventualità in un contratto permette alle parti di non doversi trovare a litigare dinanzi ad un giudice successivamente.

Se sei un artista o un commerciante d’arte e vuoi redigere un contratto o esplorare le tue possibilità, non esitare a contattare IPRights!

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