Concorrenza sleale: si può copiare il prodotto di un altro?

Massimo Bacci

Scritto da Massimo Bacci

Avvocato esperto in materia di proprietà intellettuale, diritto delle nuove tecnologie e protezione dei dati.

14 Gennaio 2024

La concorrenza sleale

La concorrenza sleale può essere definita come una pratica ingiusta o ingannevole che danneggia altri imprenditori o consumatori. Essa può assumere molte forme diverse. Viene spesso associata a pratiche come l’imitazione servile, la non veritiera appropriazione di pregi, la denigrazione dei concorrenti o lo sviamento di clientela. L’istituto della concorrenza sleale richiede alle imprese di competere fra loro mantenendo un comportamento corretto ed etico.

L’art. 2598 del Codice Civile offre un quadro specifico per identificare le diverse forme di concorrenza sleale. Questo articolo però non vuol essere un manuale di diritto per Avvocati, ma piuttosto uno strumento per consentire alle imprese di tutelarsi da comportamenti sleali altrui ed evitare a loro volta di commetterli.

Come accennato, esistono molte forme di concorrenza sleale. In questo articolo mi concentrerò prevalentemente sulla concorrenza sleale per imitazione servile, per rispondere alla domanda iniziale: si possono copiare prodotti altrui?

Concorrenza sleale per imitazione servile: un esempio pratico

L’imprenditore del nostro esempio, lo chiameremo Marco, ha una società che disegna, produce e vende abiti. Sul profilo Instagram di un concorrente, Marco vede un abito che gli piace, il cui modello è particolare e si differenzia da quanto si vede comunemente sul mercato.

Marco decide che vuole produrne uno uguale da vendere con la sua impresa, può farlo?

Piccolo spoiler prima di approfondire: copiare il modello di un concorrente non è mai una buona idea e potrebbe portare a Marco non pochi grattacapi.

Il diritto d’autore su disegni e modelli 

Il modello che Marco intende copiare potrebbe essere protetto da diritto d’autore.

In realtà, questo non è molto frequente, almeno in Italia, dove, affinché un disegno o modello industriale ottenga la protezione del diritto d’autore, è richiesto che abbia “valore artistico”.

Per approfondire questo punto, leggete il mio articolo “La tutela del diritto d’autore su modelli industriali prodotti in larga scala“.

Ai fini del nostro esempio, ci basti sapere che, sebbene non sia comune, la tutela autorale su un disegno industriale altrui non può essere esclusa. Inoltre, la giurisprudenza europea sta premendo sempre di più per un’allargamento della protezione autorale verso i disegni e modelli industriali (vedi Copyright e Moda: Addio al Valore Artistico?).

Insomma, Marco potrebbe vedersi contestare una condotta di plagio e contraffazione. 

La protezione dei disegni e modelli registrati

Il modello potrebbe essere stato registrato dal concorrente di Marco. In questo caso, per l’imprenditore copiato sarebbe molto semplice ottenere un provvedimento cautelare per bloccare in via d’urgenza la condotta di Marco e, successivamente, contestargli una condotta di contraffazione.



I disegni e modelli registrati godono di una presunzione di validità. Questo significa che il titolare deve dimostrare soltanto la registrazione del modello, producendo il relativo certificato, e la copia, volontaria o meno, da parte di un altro soggetto.

La protezione dei disegni e modelli non registrati

Se invece il concorrente di Marco non ha registrato il modello, ma quest’ultimo è stato divulgato soltanto recentemente o, comunque, negli ultimi 3 anni, potrebbe godere della protezione prevista dal Reg. UE n. 6/2002 per i disegni e modelli comunitari non registrati.

In questo caso, l’onere della prova del concorrente di Marco è un po’ più complicato. Egli deve fornire:

  • la prova della data e del luogo della prima divulgazione del disegno o modello;
  • la prova che il contraffattore ha effettivamente copiato il disegno o modello protetto.

Chi invoca tutela non è invece tenuto a dimostrare il carattere individuale del disegno o modello, ma deve unicamente indicare in cosa consista tale carattere, ossia deve identificare l’elemento o gli elementi del disegno o modello interessato che, a giudizio del suo titolare, conferiscono ad esso un carattere individuale (Corte giustizia UE, sez. II, 19/06/2014, n. 345).

L’imitazione servile

Supponiamo che Marco abbia fatto le sue verifiche, da cui risulta che il concorrente non ha mai registrato il modello e lo ha divulgato da più di tre anni. In questo caso può copiarlo tranquillamente?

Mi dispiace per Marco – a dire il vero non più di tanto – ma la risposta è sempre un secco: no! Copiare la forma esteriore del prodotto di un concorrente può creare confusione, indurre in errore gli acquirenti e sviarne la scelta.

In termini tecnici, questa condotta si definisce concorrenza sleale per imitazione servile confusoria, ed è punita dall’art. 2598, comma 1, n. 1 del Codice Civile.

La concorrenza parassitaria

La condotta parassitaria consiste in un continuo e sistematico cammino sulle orme altrui, in un’imitazione di tutto o quasi tutto quello che fa il concorrente.

Se Marco ha copiato al suo concorrente soltanto un modello, difficilmente gli potrà essere contestata questa condotta. Tuttavia, potrebbe comunque essere punito per concorrenza sleale per ricorso a mezzi non conformi alla correttezza professionale, prevista dall’art. 2598, comma 1, n. 3 del Codice Civile.

La giurisprudenza più recente fa rientrare in questa fattispecie l’imitazione servile non confusoria, ovvero l’imitazione pedissequa di prodotti altrui che, pur non ingenerando confusione, consente al concorrente sleale di appropriarsi parassitariamente dei pregi e degli investimenti che altri abbiano fatto per l’ideazione, l’immissione e la promozione sul mercato di beni dotati di originalità e coerenza stilistica, andando così ad inflazionare il mercato di tali prodotti.

In parole più semplici: il concorrente ha faticato e speso soldi per ideare quel modello, promuoverlo sul mercato e verificarne il successo. Marco, senza alcun impegno o investimento, si limita a copiare il prodotto e ad immetterlo sul mercato. Vi sembra giusto?

Quando si può escludere la concorrenza sleale

Se le forme esteriori che vengono copiate non sono caratteristiche individualizzanti del prodotto del concorrente, ma sono invece delle forme comuni sul mercato, non si può parlare di concorrenza sleale, tantomeno di imitazione servile confusoria.

Infatti, in questo caso il pubblico di riferimento non associa le caratteristiche copiate al prodotto del concorrente, né viene tratto in confusione dal fatto che anche Marco le riproduca.

Inoltre, non si può parlare di imitazione servile quando le caratteristiche copiate non sono prettamente estetiche ma hanno una funzione. In questo caso, Marco sarà liberò di adottarle anche per i suoi prodotti, a meno che non siano protette da brevetto o modello di utilità.

Conclusione: le sfide della concorrenza sleale

In un mondo dove l’innovazione è la chiave del successo, la concorrenza sleale per imitazione servile rappresenta una sfida significativa per le aziende. Questo articolo ha esplorato le sfaccettature legali e pratiche di questa problematica, dimostrando come la copia servile di prodotti possa ledere sia la creatività che l’integrità del mercato. Per le aziende, è cruciale non solo comprendere le leggi che tutelano i diritti di proprietà intellettuale, ma anche adottare un approccio etico e innovativo nel proprio settore.

È fondamentale promuovere una cultura aziendale che valorizzi l’originalità e l’integrità, riconoscendo che la vera concorrenza è basata sull’innovazione e non sull’imitazione. Questo approccio non solo salvaguarda l’azienda da rischi legali, ma contribuisce anche a costruire una reputazione solida e rispettata nel mercato.

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